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Immagine del redattoreBhakti Maddalena

La sola cosa

Aggiornamento: 6 lug 2021

Sei disposta a rinunciare a chi credi di essere, totalmente, per scoprire chi sei?


Non perdo mai la consapevolezza sensibile e certa (non cognitiva) della coscienza universale: ho la fortuna di avere una mente che ha trovato una logica schiacciante nelle verità dell’anima e la segue.

Ogni rumore, pensiero, azione e materia origina dal vuoto. Questo è scienza. Ma è un vuoto intelligente, è dio, se vogliamo. È un vuoto vivo. Completamente vivo.

E costituisce il 99 % perfino del corpo, la maggior parte della materia è vuoto. Dunque è ovvio che siamo vuoto. Tutti. Tutto. È così chiaro. E la mente lo sta imparando, sta perdendo quella che è pura abitudine su pura illusione: di essere davvero soggetti distinti, io, tu, il tavolo, la casa. È apparenza. Siamo tutti fatti della stessa cosa. E questa “stessa cosa” è un vuoto sublime di intelligenza. Che ci sa, che è vivo e consapevole. Nel quale accade ogni forma, inclusa l’inconsapevolezza.


Adyashanti dice in meditazione di badare al contesto attorno al respiro e ai pensieri. Quel contesto è silenzio e awareness per natura. È già awareness. E conferma così quello che già so: non devi diventare consapevole di tutto, devi solo “diventare” il silenzio che ti vive, e che è già tutto.

Non importa che la mente non tenga traccia attiva o razionale, che registri o meno ogni moto. “Tu” diventi l’infinito dove tutto accade e che non ha bisogno di controllare l’infinito.

Anche per la mia mente logica non è immaginabile che siamo esseri staccati, distinti, reali per così dire. E finiti. Torneremo nel vuoto da cui siamo originati. Questo vuol dire che siamo personaggi minimi e temporanei, se identificati con la forma. Ma mai nati né morti, mai finiti a un corpo, mai solo un uomo o una donna, mai queste emozioni, mai questa che scrive adesso, mai quella che teme, che piange, mai solo questo: se la tua identificazione si sposta e radica nel vuoto che anima tutto. Sei disposta a rinunciare a chi credi di essere, totalmente, per scoprire chi sei?

È questa, la fatica più grande: portare la mente a spostare la propria abitudine identitaria. Fatto questo, non esiste più fatica alcuna.

La meditazione è conoscere chi sei e allenare questo passaggio di identità.


Quando tu (mente), sulle esperienze di presenza al Sé e sulle intuizioni di questa verità, dai alla mente stessa una sola direttiva: identificarsi col Silenzio vivo che sei, la mente seguirà. Una volta esperita con costanza la Presenza sarà molto più semplice coltivare quella, che continuare a condurre due lavori paralleli: quello di integrazione e guarigione della mente da un lato, e la presenza dall’altro. La mente fa ciò che le chiedi. Chiedile una cosa sola. Sii chiara, univoca, nella tua priorità.

La stai solo riportando a ciò che è: la mente del Sé.

“Tu puoi cercare il non attachment, sforzarti di essere buono, sforzarti di avere pazienza, sforzarti di perdonare, sforzarti di accettare, di non essere avido, di essere gentile. Sforzarti di volerti bene, sforzarti di accudire le emozioni o i figli, di non avere paura, di amare ogni tua parte, di non sentirti in colpa, di fare, di far tacere la mente, di lasciar andare, sforzarti di cercare te stesso. Oppure puoi fare una sola cosa: scendere in te, trovare il punto di pace, sentire che sei pace. Allenare quello. Il resto viene. Il resto, lo fa quella pace, lo fa quell’amore. Senza fatica.”

(Appunti dalla mia esperienza Kundalini del 2020)


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